Dopo gli episodi amari che vi ho raccontato sullo scorso numero, ora è il momento di quelli un po’ “più dolci” anche se devo constatare che mi vengono in mente più facilmente le delusioni. Probabilmente perché le buone prestazioni sono “pedine” che una dopo l’altra finalizzano il risultato di un campionato.
È chiaro che vincere una giornata di Mondiale o di Italiano è sempre una grande soddisfazione, ma tutto sommato una volta ritirata la coppa alla premiazione si è già concentrati sulla gara successiva. Per spiegare meglio cosa voglio dire prendo come esempio la Sei Giorni. Anche se si vince qualche giornata di gara, la vittoria finale di classe può andare ad un altro pilota, e magari il trofeo persino ad un’altra Nazione.
Ecco che, se pur è stato bello aggiudicarsi alcune giornate, queste non restano nella memoria per il mancato risultato finale. Ricordo che a metà degli anni ‘90 alla Sei Giorni in Finlandia, furono proprio i finlandesi ad aggiudicarsi il trofeo. In quel periodo i piloti finlandesi stavano attraversando un periodo di “grazia” ma per fortuna lo attraversavo anch’io. Così affrontai la Sei Giorni ignorando i consigli della FMI di tenere una condotta prudente e attaccai Speciale dopo Speciale.
Feci registrare tempi assoluti di giornata e mi sfuggì solo l’Assoluta del Day 3, finendo alle spalle di Petteri Silvàn. L’Italia non vinse il trofeo quell’anno, ma per me fu ugualmente una gara indimenticabile in quanto mi aggiudicai l’Assoluta. Inoltre vincere in un paese con un terreno ostico e veramente complicato tra sabbia, radici, rocce e fango con buche, canali e voragini profondissime, davanti all’armata Finlandese, fu ed è tuttora, una prestazione indimenticabile. Non che le vittorie assolute alla Sei Giorni in Australia o a Lumezzane non siano memorabili.
Proprio quella di Lumezzane è la ISDE che ricordo con più entusiasmo, dove vinsi oltre alla Classe, l’Assoluta ed il Trofeo e dove il pubblico presente mi fece un tifo da stadio.
Quella volta però vinsi su terreni meno difficili, o meglio a me più congeniali rispetto alla Finlandia. Anche la vittoria all’Erzberg Rodeo fu una prestazione indimenticabile.
Da qualche anno la KTM mancava la vittoria in questa classica Austriaca e ricordo che c’era una certa pressione per ottenere il risultato. Corsi con una certa “ansia” perché come sappiamo nelle gare estreme, commettere un errore e compromettere il risultato è veramente un attimo, così con un ritmo “da prova in linea” nella prima fase riuscii ad accumulare un buon vantaggio che mi permise di affrontare la seconda parte di gara con più calma no a tagliare il traguardo. I festeggiamenti di KTM furono così calorosi che mi sentii un mezzo eroe, davvero emozionante!
Un’altra gara che ricordo piacevolmente fu la Gilles Lalay. Dopo la prima partecipazione di un Italiano, Arnaldo Nicoli su Husqvarna, che ritornò provato e che concluse quarto su quattro dei piloti arrivati al traguardo, decisi di tentare anch’io insieme a Mario Rinaldi. La prima esperienza fu fallimentare, sottovalutammo la gara e le sue difficoltà, tanto è vero che ad un certo punto della notte ci trovammo impantanati in una delle famigerate “burbier”, tutti e due a pochi metri di distanza.
Rientrati con la coda tra le gambe, l’anno seguente mi presentai preparato e concentrato per questa vera e incomparabile gara di enduro estremo, dove nelle campagne della Limousine non servivano tronchi, legni, gomme od altri ostacoli artificiali per rendere la gara impegnativa. Nelle oltre undici ore di gara si transitava in passaggi veramente tecnici e difficili e prevalentemente al limite della transitabilità, spesso resi possibili solo grazie alla presenza del numeroso e volenteroso pubblico, con corde, spinte ed aiuti vari.
Un contesto unico ed inimitabile per capacità organizzativa, supportato da una grande pubblico presente ad ogni passaggio. Uno tra i più noti era la salita finale del Corvo Morto, dove in un bagno di folla tra tironi e spinte, si raggiungeva il traguardo. Non vinsi ma salii sul podio in terza posizione. L’emozione e la soddisfazione dopo tanta fatica per aver terminato quella gara infernale davanti a migliaia di spettatori, di cui molti miei tifosi, ha reso questa gara un ricordo indelebile!
Altra grande soddisfazione fu al Campionato Italiano nel Bolognese a Marzabotto. Il sabato a metà dell’ultimo giro mi si bloccò il cambio e la moto rimase in seconda marcia. Ovviamente i team avversari si resero conto del mio problema, così si incollarono a me ed al mio “uomo ombra” per evitare che facessi qualche “tagliando” volante. All’arrivo, aprendo il carter frizione ci si rese conto che non si poteva risolvere il problema così misi la moto con il cambio bloccato in seconda marcia nel Parco Chiuso.
Il giorno seguente prima della partenza cambiai la trasmissione con una corona più piccola per allungare il rapporto, (la seconda marcia con il rapporto “standard” sarebbe stata troppo corta per come erano disegnate le Speciali).
Per accendere la moto usai un cavalletto centrale per sollevare la ruota posteriore ed evitare il trascinamento frizione a motore freddo e con la marcia inserita. Operazione che riuscì, senza la penalità di mancato avviamento.
Marcato stretto dai meccanici dei team avversari perché non intervenissi con qualche “diavoleria”, chiusi le prime Speciali con la mia KTM 300 “monomarcia”, anzi… Nel corso del giro tra Prova in Linea e Fettucciato, ero regolarmente attaccato alla frizione per far prendere velocemente i giri al motore in uscita di curva così come sulle pietraie dove dovevo gestire la potenza in quella sola marcia.
Potete immaginare a quale stress sottoposi la frizione, anche perché questo handicap mi dava ancora più stimolo e motivazione per fare del mio meglio nelle Speciali. Non risparmiai assolutamente la moto e, anche nel trasferimento, spingevo forte in quanto decidemmo con il Team Farioli, di sostituire olio e frizione ad ogni Controllo Orario. Era fondamentale quindi arrivare con qualche minuto in più d’anticipo al C.O. In quegli anni il regolamento prevedeva che i meccanici non potevano intervenire sul mezzo, se non per i lubrificanti. Quindi arrivavo e trovavo la frizione nuova e le chiavi per smontarla, tutto pronto e ordinato per la sostituzione.
Sostituire la frizione è un gioco da ragazzi, se lo si fa con calma in officina, ma di fretta e furia in gara, con il motore a tremila gradi, sfilare i dischi dal castello risultò piuttosto complicato. Comunque, con qualche scottatura ed imprecazione, ad ogni C.O. della giornata ho adempito alla sostituzione. Con tutto quello che mi successe, verrebbe da pensare che fosse una gara negativa ma quando uscendo dall’ultima Speciale della giornata, vidi il cronometrista del team levare le braccia al cielo lanciando all’aria il block notes dei tempi, mi resi conto che la missione era compiuta. Vittoria di Classe, ma soprattutto vittoria Assoluta nonostante avessi una marcia sola.
Far registrare il miglior tempo di giornata in quelle condizioni mi fece dimenticare la “sfiga” della rottura. Con la felicità alle stelle, divenne una gara indimenticabile! Come si suol dire, non tutto il male viene per nuocere.
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