Lo scorso febbraio sono stato coinvolto dalla redazione di Motosprint al Teatro Galli di Rimini per l’ambito premio. Questo titolo mi ha emozionato particolarmente perché in platea era presente anche mio figlio Raùl, che per la prima volta assisteva ad un mio riconoscimento. Davvero troppo emozionante!
Raùl ha sempre sentito parlare di me come campione, ma non aveva mai vissuto qualcosa che lo testimoniasse, e questa volta vedendomi sul palco con i campioni delle diverse specialità, e ovviamente con i più famosi piloti della MotoGP, mi ha chiesto: “Ma anche tu sei un mito come loro?”. Mi ha spiazzato!
Al di là dell’essere premiato è sempre bello condividere queste serate con campioni e personaggi del motociclismo di oggi e di ieri. Ho parlato con quelli che per me sono veri miti come Michele Rinaldi, Giuseppe Andreani, Max Biaggi e il vulcanico Loris Capirossi.
è stato interessante capire dove si sono orientati dopo la carriera di piloti e, particolarmente interessante è stata la storia di Emilio Ostorero, che tra l’altro era C.T. nel periodo che partecipai al mondiale di cross a fine anni ’80.
Continuando a parlare di personaggi, anche alla MBE ho incontrato grandi piloti, ma uno su tutti è il grande Ciro De Petri, un pilota unico, nessuno come lui ha corso la Dakar, ma i rally in genere, con il cuore e il gas spalancato.
Ciro andava talmente a manetta che spesso le moto, in particolare le ruote, non reggevano lo stress che imponeva con la sua velocità.
A Verona abbiamo partecipato ad un talk show condotto da Sandro Donato Grosso che esaltava la bravura e la capacità di chi corre da solo nella Malle Moto, dando per previlegiati i piloti ufficiali che godono dell’assistenza.
Io che ho vissuto la mia prima partecipazione alla Dakar, quasi in condizioni peggiori dei piloti della Malle Moto (avendo perso il camion assistenza con tutta la mia roba e persino il meccanico) capii subito che in quelle condizioni non si poteva pensare al risultato, ma esclusivamente a finire la gara. Così abbiamo spezzato una lancia a favore dei piloti ufficiali, facendo notare il ritmo forsennato di gara e i grandi rischi “obbligati” a prendere per ottenere il risultato.
Ciro con classe in una frase ha di fatto spiegato la differenza tra i piloti Malle Moto e quelli ufficiali dicendo:”meglio cambiarsi il filtro da soli che rischiare la vita durante tutta la tappa”. Un mito!
Il bello delle riviste come Endurista è che permette anche a distanza di tempo, di poter tornare su argomenti già passati come la Dakar.
Sicuramente la Dakar numero 45 verrà ricordata per i distacchi serrati nella categoria moto, rivelandosi molto entusiasmante per noi a casa, ma stressante e pericolosa per chi partecipa per vincere. I piccoli distacchi inducono i piloti a spingere sempre di più per guadagnare anche soli pochi secondi.
Questo non aiuta l’intento di ASO e FIM di rendere la gara più sicura, e l’aver ridotto la cilindrata, una navigazione più complicata con Wait Point di ogni tipo, l’air bag e limite di velocità non bastano più, ed è difficile “inventarsi” qualcosa per ridurre il rischio.
In ogni caso il fatto dei distacchi risicati ci ha fatto capire che ci sono tanti piloti di alto livello, e devo dire che vedere un ex endurista che si porta a casa la vittoria, mi ha fatto molto piacere.
Conoscendo bene Kevin Benavides (ha vissuto nel mio comune per qualche stagione in cui correva il mondiale di enduro) mi fa ancora più piacere in quanto è veramente una bella persona.
Il nostro Paolo Lucci ha corso un’ottima Dakar, sfortuna vuole che una caduta abbia un po’ condizionato il suo risultato finale. Con Paolo mi sento spesso rendendomi conto come sia difficile in Italia per una concreta promessa poter progredire.
Nonostante la grande passione per il mondo dei motori, purtroppo i piloti italiani non vengono sostenuti e, a parte qualche amico appassionato, gli sponsor importanti, le case motociclistiche e i programmi sportivi delle televisioni e della Federazione, non sono incisivi a sufficienza. Così come le immagini prodotte dal palinsesto della Dakar che, se invece producesse videoclip per il miglior pilota di ogni paese (almeno dove c’è grande tradizione) incentiverebbe l’interesse per l’atleta a 360 gradi.
Per ora ci si deve affidare agli aiuti provenienti dai social che, grazie al numero dei follower, accrescono l’interesse delle aziende.
Purtroppo però se un pilota è talentuoso ma poco “social”, è penalizzato rispetto a quello più attivo sul web ma magari meno bravo. Accennando ai social, sono consapevole che il web permette tantissimo ma per seguire gli eventi sportivi è un canale che non mi esalta e che uso moderatamente.
Forse perché la passione dei motori la vivo alla mia maniera, preferisco curiosare in rete il risultato di giornata e in seguito approfondire tramite la TV e le riviste con i vari focus. Sono molto affezionato al cartaceo per vari motivi, ed uno in primis è quello che le riviste permettono di approfondire un argomento per un tempo più a lungo.
Il giornale, “gira” per casa, salotto, comodino, cucina, bagno e nel corso dei vari passaggi viene sfogliato più volte, offrendo nuovi spunti di discussione. La “tappa d’arrivo della rivista” è il banco del garage, dove l’amico che viene a trovarti una sfogliata la da sempre volentieri e automaticamente si riporta in auge l’argomento.
Nel mio caso il banco dà lavoro non è la fine, considerando che da qualche decennio compaio per le gesta sportive o per i miei articoli scritti, conservo tutte le copie per poi sfogliarle di tanto in tanto nel corso degli anni. |
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