Come si diventa Campioni?

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Una domanda che spesso mi vien posta è: “come si diventa campioni?”.
La cosa mi fa sempre sorridere perché se penso ai fatti successi tra combinazioni e casi, incastrandosi come in un mosaico, non so nemmeno io come sia potuto succedere.
In ogni caso non penso ci sia una ricetta, ma sono certo che passione ed entusiasmo siano gli ingredienti fondamentali!
Nel mio caso il terreno era già fertile fin da piccolo, la moto girava spesso nei miei pensieri.
Correndo nel cortile di casa mimavo di avere tra le mani un manubrio e riproducevo il rumore della moto con la bocca.
In bicicletta mi divertiva fare evoluzioni su percorsi accidentati, i campetti da cross per motorini e biciclette erano i luoghi preferiti della mia ricreazione.
Quando ero coinvolto dagli amici per giocare con il pallone, dopo quattro tiri mollavo la palla e mi dedicavo a fare qualche “numero” su due ruote. Anche l’intervallo lo passavo salendo e scendendo in bicicletta da un dirupo a ridosso della scuola.
I miei disegni preferiti erano le moto, ovviamente con stile “naif”, tecnica che ho sempre mantenuto nel tempo.
A dimostrazione di questo presso il Motohall di Mattighofen, sulla parete delle foto si trova anche un mio disegno creato in occasione di un KTM Festival.
Successe che nella sessione degli autografi finirono i poster, e per non deludere un bimbo che era rimasto senza, sul cartoncino finale appuntai disegnata una moto, autografandola come fosse un poster.
Da adolescente leggevo e rileggevo con l’amico Ugo la rivista Motocross che raccontava le gare.
Conoscevo nome e cognome e nazionalità di tutti i campioni del tempo.
Immaginate poi quando a 14 anni potei dare sfogo alla mia passione.
Non c’era nè pioggia nè sole rovente che mi facesse desistere, rinunciavo senza alcun problema alle uscite serali o alle feste.
Mi piaceva di più stare in garage a preparare la moto per le mie uscite.
Assecondato da qualche buon risultato nelle prime competizioni, il morale volò alle stelle.
Quando invece i risultati non erano soddisfacenti non mi serviva il “mental coach”, automaticamente si innescava in me uno stimolo per preparami ancora meglio.
I miei allenamenti in sella alla moto erano limitati alle domeniche, così regolarmente la sera dopo il lavoro mi concentravo sulla preparazione atletica. La corsa a piedi era l’attività prevalente, integrata dagli allenamenti in palestra.

 


L’entusiasmo generò ambizione e nonostante fossi un pilota “della domenica” presi parte ai campionati di alto livello, al tempo denominati categoria Senior.
Ovviamente partecipare comportava importanti sacrifici e sostanziali spese, ma come dicevo, una grande passione permette di superare ogni difficoltà.
Poi un giorno “passò il treno targato KTM Farioli” che mi offrì l’opportunità di diventare professionista.
Ovviamente presi al volo l’opportunità di realizzare il mio sogno, quello di essere pilota ufficiale.
Anche questa posizione però dimostrò il rovescio della medaglia.
Infatti nella mia prima stagione nonostante i buoni risultati, la vittoria fu rara. Capii che ai team servono le vittorie e non i piazzamenti.
Sempre ricorderò l’episodio al rientro di una gara dove feci secondo.
Entrai nella sede della Farioli e incontrai il Signor Arnaldo che a quella gara non era stato presente.
Mi chiese in che posizione avessi concluso ed io con orgoglio ed entusiasmo risposi che avevo fatto secondo.
Arnaldo mi rispose che il secondo era il primo dei perdenti.
Faticavo a vincere nell’Enduro perché arrivavo dal Motocross e non avevo ancora la mentalità e la preparazione per guidare per tante ore.
Le gare di enduro un tempo non avevano un tempo massimo di durata, regolarmente erano oltre le otto ore.
Inoltre nel mondiale i partecipanti erano circa 280, di conseguenza le gare erano preparate su tre lunghissimi giri in maniera che i piloti non si accavallassero. Con il transito di così tante moto per più volte, mi ritrovavo su percorsi così scavati e bucati che spesso mi mettevano in seria difficoltà, specialmente quelli del nord Europa con fango e radici.
Una prova che soffrii in modo particolare fu in Germania a Munster.
La gara era organizzata in una vasta area militare sabbiosa, adibita alle esercitazioni dei carri armati dove i cingoli avevano formato voragini profondissime con acqua stagnante, nera come la pece.
Poi il passaggio delle moto avevano creato svariate carreggiate, e faticavo a capire quale fosse la meno profonda.
Per mancanza d’esperienza immancabilmente spesso mi infilavo nella più complicata.
Con il tempo imparai ed iniziai a guidare forte su ogni terreno e così le vittorie arrivarono.
Non lasciai cadere l’avvertimento che “il secondo è il primo che perde”, e avvertii il Signor Farioli che ci ero rimasto male. Così lui mi chiese se sapevo chi avesse finito in seconda posizione nelle differenti manifestazioni sportive del tempo come la Formula 1, la Moto GP o nel calcio.
Confessai che non lo ricordavo.
La mia risposta era la spiegazione evidente, un risultato che nessuno ricorda, non interessa a nessuno. Parlando di attualità, vi ricordo che quest’anno con i fine lavori dell’area sportiva di Gorle con i Gio Sala Supporter, ritorna la gara per Suor Isolina.
Quest’anno verrà organizzata in anticipo, quindi tenetevi pronti il prossimo sabato 15 Giugno.
Sempre con l’aiuto degli instancabili Gio Sala Supporter, il primo di Settembre organizzeremo un altro evento di contorno alla festa di “S. Andrea Motoaratura” a Faenza, storica festa dedicata ai trattori dove si disputano varie sfide delle varie attività agricole, altra occasione per ritrovarci. |

2 Risposte

  1. Francesco
    | Rispondi

    Grande Gio da quello che hai scritto tanti di noi abbiamo avuto l’amore per la moto da ragazzini ed io ho fatto quello che hai fatto tu ma non sono diventato campione perché sono stato limitato fin da subito con la famiglia non accettava questo sport ma io sono andato avanti lo stesso e di quello che ho fatto ne sono molto orgoglioso dei miei risultati anche se facevo secondo per me era un traguardo enorme sia in enduro che nel cross.

  2. Michele
    | Rispondi

    Ciao Gio, ti ringrazio per le tue saggie parole…..sei un mito

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